2020
La Nuova Pediatria - Chi sono i "cattivi"?
L'impatto reale della "Nuova Pediatria" rispetto ai volumi esistenti (elaborazione con misure reali del Comitato Mura di Padova)
31 dicembre 2020
Sulla stampa di ieri e oggi ancora ampio spazio alla “Nuova Pediatria”. Dopo tre anni di aspre interminabili discussioni sul progetto. Dico la mia, dopo aver seguito la vicenda prima con trepidazione e speranza; poi con disincanto e disgusto.
Pareva tutto finito, coperto, approvato con la benedizione di Regione, Comune, Università, Soprintendenza e, naturalmente, dell’Azienda Ospedaliera; tutti concordi a declamare ai quattro venti e giurare sulla bontà di quel progetto fatto per i bambini ammalati, con buona pace di una frangia di facinorosi “ambientalisti” arrabbiati, arrogantemente arroccati su un pezzo di mura vecchia da salvare, senza alcun riguardo per i piccoli e le loro famiglie, come se quei quattro mattoni fossero più importanti di loro: che scandalo! Ma come si permettono!
E non si sono tirati indietro le Istituzioni e i protagonisti dell’approvazione, caparbiamente sostenuta, nel mettere alla gogna quei protestatari senza cuore: loro (le Istituzioni “approvanti”) sono a favore dei bambini, sono “i buoni”; gli altri, i contrari, sono contro i bambini e le loro famiglie, sono “i cattivi”. E’ una scelta, anzi una “attribuzione” unilaterale di campo senza se e senza ma… Ma è davvero così?
Tutt’altro, direi. La rappresentazione che, a mezzo dei media si è fatta in questi anni e ultimi mesi e giorni della realtà da parte dei responsabili della vicenda “Nuova Pediatria” è per me un capolavoro di manipolazione dell’informazione e del consenso su un tema delicatissimo e sensibile che avrebbe dovuto essere trattato e divulgato con i piedi di piombo e massima cura, senza semplificazioni becere ma con attenta disamina degli argomenti, dei fatti, dei pro e contro, dei benefici e dei danni. Quanti hanno letto veramente le motivazioni e le argomentazioni portate a sostegno del “NO” a quest’opera così importante e impattante? Quanti sanno, o percepiscono, la gravità di un intervento urbanistico abnorme (che andrà a discapito di tutta la cittadinanza nei decenni a venire – salute compresa dei bambini collocati in un sito pessimo facendo credere che si tratti del posto migliore) con costi enormi e ferite irreversibili alla città, sfruttando la scarsa attitudine di molta gente ad approfondire temi e aspetti ostici che sembrano non toccare, subito e direttamente, i propri interessi e la vita quotidiana? Sulla “Nuova Pediatria” si è preferito non dialogare con la ragione (è difficile, costa tempo e fatica), si è preferito puntare sull’emotività dei cittadini (direi sulla loro “pancia”) meno informati e meno desiderosi di essere tali. Va bene lo stesso? Anche sorvolando su possibili, eventuali violazioni di leggi e norme come leggiamo oggi? Non abbiamo imparato nulla dai disastri del passato?
Sbagliare è umano, lo sappiamo. Perseverare con insensato disprezzo degli errori è follia.
Tirare in ballo i bambini per giustificare scelte sbagliate è atroce.
Adriano Menin
Report dell'incontro con il Comune di Padova sui prossimi interventi sulle alberature dell'ex Macello di Via Cornaro del 23/10/2020
24 ottobre 2020
Facendo seguito all'invito rivolto dall'Assessora al Verde Chiara Gallani ad alcune delle Associazioni che in vari tempi e modi sono o sono state presenti nell’area dell'ex Macello di Via Cornaro, la CLAC ha partecipato con interesse all'incontro convocato dal Comune per illustrare e discutere la situazione arborea e ambientale dell'area e alcuni seri problemi inerenti, in particolare, la stabilità delle piante e la sicurezza del complesso, che richiedono intervento urgente.
L'interesse per il convegno, naturale e ovvio per la CLAC trattandosi dell'area a cui da sempre ha dedicato la sua attenzione e le sue forze migliori, ma anche di un tema ineludibile per tutti, la sicurezza appunto, è stato amplificato dall'essere questo il primo incontro formale che l’istituzione pubblica ci ha concesso dopo mesi di lontananza - e di totale silenzio da parte dell'amministrazione stessa - mesi di lockdown dovuti all'emergenza sanitaria e le note vicende legali tuttora in corso - il ricorso che abbiamo presentato al TAR contro lo sgombero del 15 gennaio 2020.
Inoltre, una molla molto forte per la CLAC per partecipare è stata la volontà di capire quali siano i progetti, reali o solo ipotizzati, del Comune sul futuro dell’area e in particolare del suo patrimonio ambientale ed ecologico, oltreché storico e monumentale.
La prospettiva, reale, di una profonda modificazione dell’assetto complessivo vegetale-arboreo del Bosco naturale dell’ex Macello, prefigurata da varia documentazione e notizie confermate nell’incontro (anche se per il momento pare che i tagli saranno limitati a “sole” nove piante, effettivamente malate e pericolose) ha fatto sorgere impellente la necessità di seguire sin da subito con attenzione e con determinazione la programmazione e l’esecuzione degli interventi, prossimi e futuri; e di intraprendere senza indugio ogni iniziativa per la riproposizione aggiornata e condivisa del Progetto di rilancio del Parco-Bosco Scientifico-Didattico-Ecologico-Naturale che la CLAC ha avanzato e a più riprese riproposto sin dal 2013.
Naturalmente, e se necessario - pensiamo di si - con un’attenta e qualificata riprogettazione degli spazi naturali esistenti, in relazione agli interventi di sostituzione delle essenze indicate, sempre in funzione della loro destinazione d’uso (educativa, scientifica, pubblica) storicamente e coerentemente riproposta. Su questo aspetto futuro la CLAC esigerà il massimo rispetto e rigorosa attuazione!
La riunione, svoltasi nell’arco di circa due ore, ha visto la partecipazione - oltre alla CLAC, la più antica per presenza nell'area - di sole quattro associazioni (APF Progetti, Assopace, Club Sommozzatori Padova, Accademia dell’Affresco).
L’esposizione della situazione attuale, nel quadro complessivo degli abbattimenti previsti a medio termine - pare 36-37 in totale - e nei dettagli di quelli da eseguire a breve, è stata effettuata sia dall’assessore che dai funzionari tecnici presenti (il Capo Settore dott. Ciro Degl'Innocenti e il dott. P. Crivellato) che hanno evidenziato criticità che erano peraltro, almeno in parte, note sin dal 2012 e richiamate nello stesso progetto CLAC.
Alcuni risultati:
- sono stati resi noti - e saranno forniti, su richiesta della CLAC - tutti i risultati delle prove di stabilità delle piante testate;
- sono state accolte e si è dato risposta a varie domande da noi poste in merito ai criteri e alle proposte avanzate dalla CLAC come da altre associazioni (per esempio, il ripristino corretto delle essenze asportate);
- il Comune ha mostrato di dare buon ascolto, ma senza sbilanciarsi sull'accettazione, alle istanze avanzate dalla CLAC e che compaiono nella comunicazione che abbiamo presentato e letto in sala e consegnata nelle mani della assessora Gallani da parte dal Segretario della CLAC Salvarore Gentile.
Buona parte della discussione ha toccato, per bocca dei rappresentanti della CLAC, la situazione di degrado e abbandono esistente oggi dopo l’allontanamento e chiusura del parco (2018) e lo sgombero della Comunità (15/01/20): da allora a noi non è stato consentito - e altri non si sono dati la briga di farlo - di verificare e valutare compiutamente e di persona lo stato reale del patrimonio naturale, floristico e faunistico e dell’ecosistema esistente, almeno nei suoi elementi qualificanti (aree umide, suolo, sottobosco, ecc.).
Si è raggiunto l’accordo, tuttavia, di effettuare, congiuntamente e a breve termine un sopralluogo di verifica sull’intera area: confidiamo che non restino solo parole!
Altro punto estremamente dolente e grave toccato è stata la discrasia tra le competenze che gravano sul complesso monumentale e ambientale dell'ex Macello, tale per cui il Settore Verde afferma di non poter neppure programmare e intervenire sul reimpianto delle specie che saranno rimosse e sulla progettazione nel futuro Bosco Didattico che alla CLAC sta tanto a cuore perché la competenza sarebbe del Settore Patrimonio: ebbene sono anni che ci viene raccontata questa storia ma questo rimpallo ci pare che non sia altro che un paravento per fare solo fino ad un certo punto le operazioni che sarebbero necessarie!
Noi della CLAC abbiamo fatto una forte pressione sull’assessora Gallani perché non lasci cadere le nostre istanze in tal senso e se ne faccia interprete presso l’intera Giunta, pena la totale perdita di fiducia e la continuazione di una situazione conflittuale che la CLAC per parte sua non avrebbe mai voluto!
Siamo certi che il nostro messaggio sia stato compreso forte e chiaro dal Comune, ora verificheremo se verrà anche accolto!
Verso un Regolamento Comunale "Beni Comuni e Usi Civici"
29 settembre 2020
La nostra Comunità da molti mesi sta studiando l’argomento dell’amministrazione condivisa dei cosiddetti Beni Comuni e dell’Uso Civico. Abbiamo preso contatti e stabilito relazioni con diverse realtà, abbiamo partecipato attivamente ad alcune iniziative di studio e civiche funzionali alla più diffusa adozione di questa pratica.
Molte città si sono dotate di un apposito Regolamento dei Beni Comuni. A suo tempo abbiamo affrontato l’argomento anche con l’amministrazione comunale in carica, la quale aveva dato segnali in questo senso che facevano ben sperare.
A valle di questo percorso proponiamo il seguente documento sul quale chiediamo a tutte le organizzazioni e anche ai cittadini singoli di dare un contributo affinché il prossimo regolamento dei Beni Comuni della città di Padova sia caratterizzato dai seguenti 6 principi.
Sono i principi che configurano una cornice ad una proposta giuridica nazionale sui beni comuni, elaborata dalla rete nazionale.
Ogni commento, integrazione, domanda, esempio, proposta di articoli è benvenuto: potete accedere al documento al seguente url
https://docs.google.com/document/d/1D4L1gLND_nQ0xJl20AXwKDRKXvr1Niygy-xpezcwN2U/edit
Questa è la cartella dove potete depositare eventuali contributi in documenti separati:
https://drive.google.com/drive/folders/1htNG5bL5i-XfOPh1Ob_jStqTMnrlKV4g?usp=sharing
Il ricorso al TAR e il futuro dell'ex Macello
28 settembre 2020
Il 10 settembre scorso il Consiglio di Stato ha respinto l'appello cautelare che avevamo presentato contro l'ordinanza del TAR del Veneto, che ci aveva negato la sospensione degli effetti dell'ordinanza di sgombero del 15 gennaio 2020, con la quale la CLAC è stata estromessa dalla palazzina di Via Cornaro 1 B, sua sede storica dal marzo del 1980.
Precisiamo: a dispetto di quanto aveva scritto a quel tempo qualche giornale, il TAR non ha bocciato il ricorso, che è ancora pendente, e il Consiglio di Stato ora non ha bocciato il ricorso che abbiamo presentato al TAR, come è stato scritto invece dal Mattino di Padova; il Consiglio di Stato non ha detto che "lo sgombero era legittimo", come abbiamo letto sempre sul Mattino; il Consiglio di Stato ha semplicemente respinto l'appello cautelare che avevamo presentato contro l'ordinanza con la quale il TAR aveva respinto la nostra richiesta di rientrare all'ex Macello in attesa della pronuncia definitiva del TAR sul ricorso, pronuncia che il TAR non ha ancora emesso e che dovrà emettere.
Notiamo e facciamo notare che lo stesso Consiglio di Stato, però, ha disposto che entrambe le parti, la CLAC e il Comune di Padova, sostengano ciascuna le proprie spese legali, cosa che in qualche modo, a nostro modo di vedere, riconosce che le nostre richieste non erano così peregrine, anche se non le ha avallate.
Questa ordinanza del Consiglio di Stato, intatti, ci lascia perplessi perché ribadisce la contraddizione sulla quale, a nostro avviso, il TAR ha formulato la sua ordinanza e necessita di un po' di ricostruzione legalese per fare comprendere il perché.
Partiamo dall'inizio.
Il ricorso al TAR del Veneto
Il 15 gennaio, come voi ben sapete, l'Amministrazione Giordani estromette la CLAC dalla palazzina di Via Cornaro 1 B, nel complesso dell'ex Macello - dopo 40 anni meno qualche giorno dall'ingresso della CLAC nell'area, avvenuto su regolare autorizzazione della giunta Merlin - con un provvedimento contingibile e urgente basato su supposti motivi di sicurezza. Attenzione: non lo fa sostenendo che la CLAC non abbia titolo di permanere nell'area bensì per motivi di sicurezza, sostenendo cioè che la palazzina di Via Cornaro 1 B non sarebbe agibile, sulla base di una perizia firmata da un funzionario del Comune.
Il 16 marzo presentiamo formale ricorso al TAR del Veneto nel quale evidenziamo il lavoro e le attività svolte dalla CLAC nell'area in più di quarant'anni, la battaglia per fare apporre il Vincolo Paesaggistico, i riconoscimenti avuti da Enti locali nazionali e da organizzazioni internazionali, dell'UNESCO e non, i progetti presentati, il dialogo instaurato a più riprese con le amministrazioni comunali che si sono succedute... Insomma, il ruolo e i meriti fondamentali della CLAC nel salvataggio dell'intera area dall'abbandono in cui l'aveva lasciata il Comune di Padova e, dall'altro lato, l'atteggiamento inspiegabile e sorprendente del Comune che di punto in bianco ci fa sgomberare, a dispetto di mesi di dialogo che era stato tentato in funzione della rigenerazione partecipata dell'area; ma evidenziamo anche, sul piano del diritto:
- che il provvedimento di sgombero non è stato preceduto dall'avviso di avvio del procedimento;
- che la dichiarazione di inagibilità formulata dal Comune non era corredata dal parere tecnico sanitario richiesto dal regolamento comunale;
- l'inconsistenza dei supposti motivi "di sicurezza" che sarebbero stati individuati dalla perizia firmata da un funzionario del Comune e della "urgenza" di "dare immediata tutela alle esigenze della incolumità pubblica";
- l'eccesso di potere esercitato dal Comune per travisamento dei fatti, per difetto di istruttoria, per carenza dei presupposti e per sviamento... e molti altri argomenti che trovate illustrati nel documento integrale del ricorso da noi presentato.
Da ultimo, ma non ultimo, nell'ultima parte del ricorso presentiamo l'"istanza cautelare", cioè, constatato il danno che la Comunità ha ricevuto dallo sgombero - non abbiamo più una sede operativa, dall'oggi al domani e senza alcun preavviso - chiediamo al TAR, in via cautelare, di sospendere l'efficacia degli atti impugnati e degli atti presupposti, ovvero di adottare altro idoneo provvedimento cautelare, anche per consentire il rientro temporaneo della CLAC nella palazzina in attesa del giudizio di merito del TAR medesimo su tutto il ricorso presentato.
Vedete anche la memoria da noi presentata per la camera di consiglio del 22 aprile nella quale respingiamo punto per punto le argomentazioni presentate nella corrispondente memoria del Comune - nella quale, all'inverosimile, il Comune nega non solo che la CLAC abbia diritto di permanere nella palazzina (e ci sfugge quale dovrebbe essere la connessione tra questa affermazione e i supposti "motivi di sicurezza" che sarebbero alla base dello sgombero) ma nega addirittura che la CLAC fosse presente nella palazzina, alla faccia di anni di patrocini sempre regolarmente concessi dalle varie amministrazioni comunali alle nostre attività! E alla faccia del concetto di realtà.
L'ordinanza del TAR
Il 23 aprile il TAR respinge l'istanza cautelare che integra il nostro ricorso: vedete l'ordinanza del tribunale regionale.
Il TAR ha giudicato che il periculum rispetto alla tutela dei nostri interessi dato dal fatto che siamo stati estromessi dalla nostra sede non sussiste perché siamo giù stati estromessi.
La cosa ci lascia alquanto perplessi.
Se non fossimo stati estromessi non avremmo nemmeno presentato il ricorso. No?
Affermare che il "periculum in mora" non sussiste, infatti, sarebbe a nostro avviso plausibile, per esempio, nel caso che si trattasse di un provvedimento di demolizione di un immobile già eseguito; in tal caso avrebbe senso che il TAR dicesse: "La vostra istanza non ha senso, il periculum non sussiste perché l'immobile non può più essere utilizzato non essendo più esistente". Nel nostro caso, invece, l'immobile non è stato distrutto, esiste ancora e fino al giorno prima lo utilizzavamo per tutte le attività delle Consociate nonché della Comunità stessa. E rientrare nel medesimo è proprio l'oggetto del nostro ricorso. Quindi non condividiamo le conclusioni alle quali è pervenuto il TAR e per tale ragione abbiamo presentato l'appello cautelare.
L'appello al Consiglio di Stato
Vista la pronuncia del TAR, il 22 giugno la impugniamo in appello davanti al Consiglio di Stato, il 7 settembre presentiamo la nostra memoria e il 10 settembre i nostri avvocati vanno a Roma a prendere parte all'udienza.
Ebbene, il Consiglio di Stato, dopo una udienza in cui non si è discusso del merito degli argomenti da noi portati nel primo grado, ma solo del periculum, alla fine ha confermato la decisione cautelare di primo grado. Il Consiglio di Stato da un lato ha rinviato alla motivazione del provvedimento e al materiale fotografico prodotto dal Comune - nel quale, ricordiamo, un cavo di rete dati è stato fatto passare per "cavi elettrici volanti" e le foto con il cibo per i gatti lasciato sotto il portico dall'ENPA che si occupa delle colonia felina sono state utilizzate per parlare di "degrado" e imputarlo a noi, quando nei documenti da noi presentati abbiamo confutato chiaramente tutti questi aspetti -; dall'altro, ha ribadito che essendo il provvedimento già stato eseguito non c'è "pregiudizio" (rischio) per la tutela dei nostri interessi, anche in considerazione del tempo ormai trascorso - ma si è trattato dei tempi tecnici necessari ai procedimenti, e c'è stata pure l'emergenza sanitaria di mezzo!
E noi, quindi, leggendo l'ordinanza del Consiglio di Stato dell'11 settembre confermiamo le perplessità che abbiamo avvertito davanti alla stessa argomentazione, come abbiamo spiegato sopra, quando l'ha utilizzata il TAR.
Conclusa la fase cautelare, il merito delle ragioni portate dalla CLAC rimane forte ed impregiudicato e confidiamo che un esame sereno ed approfondito delle censure portate contro il provvedimento possa condurre i giudici amministrativi a riconoscere l'illegittimità dell'ordinanza del Sindaco di Padova.
Il presente e il futuro dell'ex Macello
In uno degli ultimi articoli scritti da Claudio Malfitano sulla CLAC, abbiamo notato delle dichiarazioni di apprezzamento ed apertura nei confronti della CLAC e delle sue Consociate, pronunciate dall’assessora del Comune di Padova Marta Nalin. Per decenni la CLAC si è presa cura dell’ex Macello di Via Cornaro e di quanto in esso contenuto, pur con tutti i limiti insiti in una gestione su base esclusivamente volontaria.
Fino allo sgombero di gennaio la CLAC e le sue Consociate hanno fatto il possibile per gestire l'ex Macello nel segno dell'interesse della collettività: sensibilizzazione ambientale, corsi di informatica e software libero, di auto-costruzione e riparazione gratuiti, supporto a donne vittime di violenza, distribuzione di cibo ai non abbienti, educazione verso stili di vita più sostenibili, formazione su temi economici, sostegno psicologico, un'infinità di corsi sulle materie più varie... Questo impegno verso il bene collettivo non era stato finora riconosciuto in alcun modo dalla amministrazione in carica, se non con generiche e sporadiche dichiarazioni non scritte.
Da diversi anni sollecitiamo il Comune per avviare un dialogo che, con le ultime amministrazioni, al di là delle concessioni di patrocinio e nonostante il lavoro intenso con la Commissione Cultura nel 2010, non si è mai aperto veramente. La mancanza di risposte alle nostre sollecitazioni e, quest'anno, lo sgombero, ci hanno fatto temere che il Comune volesse non solo cacciare dal sito le associazioni ma anche spazzare via la memoria di quanto fatto. Anche negli anni passati, anche in periodi in cui le attività, grazie ad incentivi regionali e provinciali, coinvolgevano ogni anno migliaia di cittadini, padovani e non, abbiamo avuto, in più occasioni, impressioni del genere.
Non siamo contrari a lasciare spazio a proposte dell'amministrazione che portino un ancor maggiore beneficio alla città, però vorremmo essere certi che questo maggiore beneficio sia effettivo, sia per tutti e non solo per una parte della cittadinanza, e sia giudicato in modo imparziale. Riteniamo a questo fine corretto quanto proposto dall'assessora Nalin, che assicura di voler coinvolgere la CLAC nella progettazione del futuro dell'area.
Chiediamo però apertamente: quando? Quando potremo sederci ad un tavolo con l'Amministrazione?
Qualcuno teme, non lo nascondiamo, che la disponibilità fosse solo dichiarata, visto che eravamo in periodo elettorale e visto che finora nessuna risposta scritta – da molti mesi – è arrivata alle nostre sollecitazioni.
Nel dubbio che la mancanza di risposte da parte del Comune possa essere dovuta ad una non chiara formulazione delle domande, cerchiamo di esplicitare quali sono le nostre richieste al Comune.
Nel breve termine chiediamo:
- una rapida approvazione del Progetto di Affidamento in Adozione del Parco Didattico che abbiamo presentato la prima volta nel 2013 e più volte rivisto e nuovamente presentato, in seguito, anche su sollecitazione del Comune stesso;
- recupero e progettazione del Parco secondo la sua impostazione originale;
- ottenere a pieno titolo uno spazio a disposizione all'interno dell'area dell'ex Macello, come lo hanno altre associazioni, in modo da potervi collocare i materiali e la documentazione che riguarda oltre quarant’anni di storia della CLAC e del Club UNESCO, ospitato negli spazi della CLAC, rimasti negli edifici da restaurare e poter riavviare almeno parzialmente le attività interrotte;
- collaborare a definire le destinazioni compatibili dell’intero complesso e di ogni singolo edificio, rispettando le rispettive caratteristiche tipologiche.
Desideriamo anche noi che l'ex Macello sia gradualmente restaurato. Ma desideriamo ancora di più che rimanga un Bene Comune a disposizione della collettività e gestito dal Comune e dalle Associazioni unite in una rete. La collaborazione fra realtà è importante in tutti i campi ed a maggior ragione nel campo del volontariato, dove le forze sono sempre scarse rispetto alle idee ed alle progettualità. L'ingresso di nuove realtà nella Comunità CLAC, il continuo turn over garantito dalla sua conformazione statutaria ha fornito nel tempo anche motivazioni ed energie nuove che solo questa apertura può garantire, come abbiamo potuto sperimentare anche negli anni più recenti. Per questo riteniamo non accettabili soluzioni che prevedano l'assegnazione alle Consociate di spazi non collegati.
A lungo termine desideriamo ragionare con il Comune sull'opportunità di costituire assieme una Fondazione di partecipazione, con l'obiettivo di gestire in modo coordinato gli spazi, la tutela e la rigenerazione dell'ex Macello, le attività associative ed il Museo Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO.
Crediamo che avviare questo dialogo e tentare questo approccio collaborativo, innovativo per Padova, sarebbe significativo soprattutto quest'anno: l'anno in cui Padova è ancora Capitale del Volontariato ed in cui il volontariato ha invece dovuto lottare più del solito per vedere riconosciuti i suoi meriti e per difendere spazi che con fatica aveva finora conservato.
Confidiamo dunque che gli assessori riescano in questa sfida e diano avvio entro l'anno a questo dialogo costruttivo.
Noi della CLAC ci siamo.
La disponibilità della CLAC
L'assessora Marta Nalin sul Mattino di Padova chiede "disponibilità" alla CLAC.
La CLAC è sempre, costantemente disponibile verso il Comune. Per questo lo sgombero del 15 gennaio 2020 ha lasciato tutti estremamente basiti.
Da quel momento, a parte le dichiarazioni di apertura fatte attraverso i giornali, il Comune non ha fatto nulla di concreto. Al contrario, c'è stato e continua il silenzio più assoluto sulle proposte presentate al Comune dalla CLAC prima e dopo lo sgombero:
- dal novembre 2013 siamo in attesa di una risposta alla nostra richiesta di affidamento in Adozione del Parco dell'ex Macello di Via Cornaro, adozione che abbiamo riproposto all'Amministrazione nel 2017 (assessora Gallani) e che, per la sua natura, non andrebbe a confliggere con altri progetti che coinvolgessero gli edifici. Il nostro progetto ha ricevuto nel 2016 il parere positivo della Soprintendenza, necessario essendo l'area vincolata, ma il Comune non si è ancora espresso: la situazione di degrado in cui versa il Parco richiederebbe, al contrario, una risposta sollecita!
- Dal 14 febbraio siamo in attesa di una risposta alle domande presentate;
- dal 21 aprile siamo in attesa di una risposta alla proposta di dare vita a una Fondazione di Partecipazione in collaborazione con il Comune, progetto per il quale la CLAC è disposta a mettere sul tavolo la bellezza di 500.000 Euro.
Se il Comune è disponibile a dialogare, aspettiamo che dia risposta a quanto sopra-
L'ex Macello di Via Cornaro sul Fatto Quotidiano
26 agosto 2020
La sconcertante questione del destino dell'ex Macello di Via Cornaro approda sulle pagine del Fatto Quotidiano che si chiede: "Che fine farà il bosco di Padova? Non una selva di periferia, ma un parco di alberi a pochi passi dal centro: sei ettari di piante cresciute naturalmente tra il canale San Massimo e le antiche mura cinquecentesche, nel quartiere Portello... altro...
Debunking Colasio - Ancora sul Museo di Informatica
10 agosto 2020
Ieri il Mattino di Padova e il Gazzettino hanno pubblicato due articoli sul salvataggio della collezione di calcolatori del Museo Didattico di Storia dell'Informatica "Amici dei Tesori del Mondo" FMACU UNESCO, intitolati rispettivamente Dai 2000 computer dimenticati un museo didattico per bimbi, di Roberto Rafaschieri, e In salvo la "memoria" dei computer, di Mauro Giacon.
Entrambi gli articoli riportano in modo piuttosto acritico il punto di vista dell'assessore alla cultura del Comune di Padova Andrea Colasio, il quale ultimamente sembra che abbia preso a cuore il destino del Museo, cioè di questa perla padovana, incastonata in un'altra perla che è l'ex Macello di Via Cornaro, che pochi conoscono (entrambe le perle) e di cui fino a qualche tempo fa nessuno, a parte la CLAC, si interessava.
A dire il vero gli articoli non citano il Museo con il suo nome, che è quello che riportiamo sopra, ma parlano piuttosto - impropriamente - dei calcolatori della "collezione Piva", che è un'espressione che siamo convinti che non avrebbe fatto per nulla piacere al suo principale fautore, cioè proprio Francesco Piva, Segretario Generale della CLAC e presidente del Club UNESCO di Padova fino al giorno della sua scomparsa avvenuta il 6 febbraio 2016: riteniamo profondamente scorretto usare quest'espressione perché essa, lungi dall'esaltarla, di fatto svilisce l'importanza dell'opera dello stesso Francesco Piva: qui argomentiamo il concetto in modo più ampio e puntuale: http://www.clacpd.org/news/2020/museo-fmacu-quando-i-giornali-parlano-della-clac.
In entrambi gli articoli, poi, serpeggia un continuo richiamo a quelle che sarebbero state le vere intenzioni del fondatore Piva, funzionale anche questo - con distorsioni e vere e proprie fake news - non alla ricostruzione storica dei fatti ma alla narrazione dell'assessore.
Chiediamo a tutti i giornalisti e a tutte le testate di chiamare il Museo con il suo nome e di tenere sempre conto del perché chiediamo questo.
Del necessario debunking di questa narrazione ci occupiamo qui di seguito.
Il progetto del Museo non è dell'assessore Colasio
Innanzitutto entrambi gli articoli presentano il "progetto del museo" come un'idea dell'assessore Colasio, come una novità e come se si trattasse del recupero dal nulla di materiale prezioso ma disordinato, nascosto e dimenticato, per farne, grazie ad una sua illuminata intuizione, un museo aperto a tutti.
Innanzitutto non c'è nessuna intuizione dell'assessore Colasio: il Museo Didattico di Storia dell'Informatica "Amici dei Tesori del Mondo" FMACU UNESCO è un'iniziativa preesistente, che risale agli anni Ottanta del secolo scorso e fino al 2001 è stata operativa, ha accolto molte persone di tutte le età e di tutte le competenze, studiosi e appassionai, studenti e alunni in visite guidate, fino a quando la struttura che lo ospitava - la ex Stalla di sosta bovini dell'ex Macello di Via Cornaro, ora in restauro - lo ha reso possibile.
Silvia Basaldella ricorda che nell'anno 2001 "il Museo era pronto al 90% ed eravamo in procinto di effettuare l'iscrizione all'ICOM".
I computer del Museo non erano dimenticati! Ma chi ha lavorato davvero per il Museo?
Se il tesoro di cui stiamo parlando era davvero sconosciuto ai più, infatti tanti padovani non avevano nemmeno idea della sua esistenza, sicuramente non era ignoto alla CLAC, che ha sempre coadiuvato e supportato l'iniziativa del Club UNESCO fin dal suo nascere, e non era ignoto nemmeno al Comune, che ha sempre saputo che l'ex macello era pieno di computer ma non ha mai attuato nulla di concreto per supportare l'iniziativa, nemmeno quando i volontari del Museo chiesero aiuto, negli anni Novanta e Duemila, perché la copertura dell'edificio aveva seri problemi.
L'articolo del Mattino di Padova, in particolare, afferma che i computer erano dimenticati e che il cantiere li ha portati alla luce dopo lo sgombero della CLAC: tra le righe ci sembra che si voglia fare passare l'idea che se i computer erano dimenticati (ma non lo erano!) questo sarebbe colpa della CLAC! Ebbene respingiamo in toto questa accusa gravissima, anche per il motivo contingente che la CLAC non ha mai avuto la disponibilità delle chiavi del Museo, e respingiamo al mittente anche questo modo di fare "giornalismo".
Dopo il primo periodo che va dall'insediamento ufficiale della CLAC all'ex Macello, nel 1980, fino ai primi anni Novanta, in cui l'opera della CLAC era ampiamente riconosciuta e anche sostenuta, in certa misura, dal Comune di Padova - si veda l'assegnazione del contributo del Comune per l'anno 1994 su relazione del vice sindaco Iles Braghetto - il Comune, per quanto ne sappiamo, ha sempre guardato al Museo e alla sua collezione come un inutile fardello di ciarpame di cui sarebbe stato meglio disfarsi. Ma non ha mai osato sollevare il problema concretamente mentre Francesco Piva era in vita. Solo dopo la morte di Francesco, prima nel 2016 e poi nel 2018, il Settore Patrimonio del Comune arrivò ad intimare alla CLAC di sgomberare gli spazi dell'ex Macello dal materiale informatico "di sua proprietà": vedete la risposta della CLAC.
Ora l'assessore Colasio vorrebbe apparire come il deus ex machina, come il salvatore di questo tesoro: nell'articolo del Gazzettino si è perfino fatto ritrarre mentre aiuta a trasportare un computer... Ma fino a qualche tempo fa questo tesoro nessuno se lo filava: se non era per la CLAC, che dal 2018 ne sta discutendo con il Comune e ha letteralmente impedito che tutte le macchine fossero fatte sparire, come il Comune pensava di fare inizialmente, e più di recente è intervenuta in modo deciso con un esposto alla Procura della Repubblica e una diffida, a quest'ora di questa collezione non sarebbero rimaste nemmeno le briciole! Con buona pace dell'assessore Colasio.
Quindi potete vedere che questo tesoro non era affatto dimenticato: diverse persone avevano ben presente la sua esistenza, solo che accarezzavano per esso destini diametralmente opposti.
Se l'assessore vuole davvero onorare la memoria di Francesco Piva, che in entrambi gli articoli è richiamato più volte, deve ricordare il contributo di tutti e in primis il contributo al Museo e all'area intera dell'ex Macello dato dalla CLAC, la quale è tuttora l'opera principale di Francesco Piva.
Il Museo fa capo al Club UNESCO di Padova e alla Federazione Mondiale delle Associazioni, Centri e Club UNESCO (FMACU/WFUCA)
Il tesoro delle macchine del Museo non appartiene all'assessore Colasio, è innanzitutto un patrimonio collettivo, che è proprio ciò che Francesco Piva e i volontari del Club UNESCO di Padova e della CLAC vollero sottolineare, e assicurare per gli anni a venire, facendolo riconoscere dalla Federazione Mondiale delle Associazioni, Centri e Club UNESCO (FMACU/WFUCA): si veda in proposito cosa dichiarava la Federazione nella sua rivista ufficiale Confluences nel numero di maggio - giugno 2000:
L'assessore Colasio negli articoli di ieri non cita mai né l'operazione "Amici dei Tesori del Mondo" né la FMACU, che per Francesco Piva erano invece capisaldi irrinunciabili, e cita la CLAC solo come una realtà al contorno, che non si capisce bene perché esisteva: è l'ovvio espediente di sminuire il valore di tutto ciò che non sembra portare beneficio alla sua narrazione o che non sia da lui controllabile.
Ma la realtà è ben altra cosa e chi disprezza compra: egli infatti continua a "limare" la descrizione del "suo" progetto per l'ex Macello al punto di farlo apparire sempre più simile, a parole, al progetto che la CLAC da sempre propone per l'ex Macello: "...una volta a posto gli edifici potrebbero ospitare 150.000 ragazzi all'anno: dal planetario alla Cattedrale della scienza fino alla biblioteca e alla educazione ambientale nel parco [...] Non una ludoteca ma un museo-laboratorio" (il Gazzettino): ma perché rifare lo stesso progetto della CLAC ma senza la CLAC, senza dire che era il progetto della CLAC? Perché appropriarsi delle buone idee altrui estromettendo dalla scena gli autori originali?
In realtà, se andiamo a vedere cosa hanno realizzato a Verona, siamo convinti che quello che Pleiadi Srl vorrebbe realizzare nell'area sarebbe molto lontano dall'approccio filosofico, sociale e antropologico che ha sempre guidato l'azione della CLAC, con buona pace dell'assessore.
Ma... Forse che lo sgombero della CLAC, attuato senza vergogna nell'anno di Padova Capitale Europea del Volontariato, ha qualcosa a che fare con tutto questo? Forse si doveva fare piazza pulita della CLAC per lasciare l'assessore Colasio agire indisturbato? E il resto dell'amministrazione comunale cosa ne pensa? Aiutateci a capire. Evidentemente questo modo di fare va bene anche al sindaco e agli altri assessori, altrimenti immaginiamo che avrebbero cercato di fare qualcosa di diverso - In particolare deve andare molto bene così all'assessore al Patrimonio Andrea Micalizzi dato che ha accettato di fare il "lavoro sporco" di spingere la CLAC fuori dall'ex Macello, preparando di fatto il terreno allo sgombero di gennaio.
Dopo una breve parentesi, nei mesi scorsi, in cui anche l'assessore Colasio tentò di sostenere che le macchine del Museo erano di proprietà del Comune, ora pare che abbia finalmente accettato anch'egli che la proprietà delle medesime sia del Club UNESCO di Padova - e della FMACU/WFUCA, aggiungiamo noi per completezza di informazione, vedi sopra - perché afferma: "Ci siamo rapportati con i proprietari, il Club UNESCO che condivide il nostro progetto" (sul Gazzettino).
Ora, se da un lato apprezziamo che l'assessore cominci ad accettare l'idea della proprietà UNESCO, dall'altro non possiamo non sottolineare la non lieve mistificazione che egli compie a questo riguardo perché il "Club UNESCO di Padova" che è proprietario delle macchine è il Club UNESCO di Giuseppina Rimini e Francesco Piva, fondato dalla CLAC nel 1989 mentre il club con cui l'assessore afferma di essersi rapportato è il Club per l'UNESCO di Padova che è stato fondato il 7 agosto 2019 (due associazioni diverse, con codice fiscale diverso), che di recente ha trasmesso al sindaco di Padova una bellissima lettera di sostegno all'iniziativa di recupero del Museo.
A scanso di equivoci lo ripetiamo: apprezziamo che l'assessore abbia fatto dietro front rispetto al tema della proprietà UNESCO delle macchine del Museo e siamo molto grati al nuovo Club per l'UNESCO di Padova per il suo interessamento al Museo e all'opera importante della CLAC e del primo Club, solo facciamo notare che i due club sono entità giuridiche differenti e che saranno necessari un minimo di adempimenti formali perché il secondo possa attuare azioni formali o rivendicare proprietà come erede del primo club, se ciò sarà possibile.
Non è un "Museo per bambini" ma un Museo per tutti!
Il Club UNESCO di Padova, dicevamo, fu fondato nel 1989 su iniziativa della CLAC; il suo primo presidente fu Giuseppina Rimini, sotto la cui guida il Club realizzò in pochi anni obiettivi che fino a qualche anno prima erano inimmaginabili, come per esempio ricevere dalla FMACU nel 1993 la delega della Segreteria Internazionale dell'Operazione Amici dei Tesori del Mondo (cfr. ANNE WILLINGS-GRINDA, Membre d'honneur de la Fédération mondiale des associations, centres et clubs UNESCO, Les Clubs UNESCO, des chemins de lumière / Vers une histoire des Clubs, 1947-1996, https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000120450_fre, pagg. 132-133).
L'iniziativa del Museo Didattico di Storia dell'Informatica non fu quindi del solo Francesco Piva, benché questi sia finito per diventarne il principale artefice ma, su ispirazione di Silvio Ceccato, fu un'iniziativa di tutto il Club UNESCO e della CLAC, supportata dal contributo di molte persone: donatori, volontari, obiettori e studiosi. Da esperti di elettronica quali erano, Francesco Piva e i suoi collaboratori si rapportavano spesso ad alto livello con altri musei di Informatica in Italia e all’estero; studenti di elettronica e di informatica, appassionati ed esperti provenienti da tutta Europa si mettevano in contatto con il Club UNESCO e la CLAC ed erano interessati al Museo. Lo scopo non era assolutamente quello di creare solo un "museo didattico per bimbi", come recita il titolo dell'articolo del Mattino e più volte in entrambi gli articoli ci si riferisce ai “bambini” - questo è quanto sembrerebbe che l'assessore Colasio volesse fare oggi con Pleiadi Srl - bensì un Luogo in cui la presentazione e lo studio dei calcolatori potesse dare alle persone, di tutte le età e con qualsiasi competenza, occasioni diverse di riflessione: dall'analisi dei metodi di calcolo (Francesco aveva un repertorio sorprendente di esempi di didattica informatica, pensati per i bambini ma profondamente significativi anche per gli adulti curiosi e a digiuno della materia), all'approccio socio-antropologico all'evoluzione tecnologica, all'esperienza delle persone che le macchine le avevano progettate e di chi le aveva usate, alla riflessione sull'uso consapevole dell'informatica nel mondo contemporaneo (si veda in proposito il progetto ReFUN dedicato al recupero con Software Libero delle macchine del Museo).
Les visites du Musée prévoient des parcours différenciés, de sorte que chaque visiteur soit à son aise, qu'il soit expert ou profane, technicien ou étudiant, enfant ou adulte.
Per ogni macchina veniva preparata una scheda con 3 chiavi di lettura:
- tecnologica, con tutte le informazioni tecniche disponibili della macchina, pensate per adulti molto competenti, non certo per i bimbi!
- socio-antropolotica, economica e politica;
- estetica e aneddotica con riferimenti all'esperienza diretta dei progettisti e/o degli utilizzatori.
Quindi c'era sicuramente l'attenzione per la didattica per l'infanzia ma questa non era la sola proposta perché, come si vede, si intersecava con le altre in un approccio del tutto singolare e originale rispetto agli schemi più comuni e mescolava le carte: la didattica per i bambini veniva utilizzata anche con gli adulti per spiegare i concetti più semplici ma basilari, così come l'esperienza che un progettista o un utilizzatore del computer aveva avuto con una macchina lasciava a bocca aperta adulti e bambini. Si chiama Museo Didattico perché non era solo un’esposizione, ma stimolava l’interesse e trasmetteva dei contenuti, e questo vale per tutti: dagli adulti ai bambini, un vero laboratorio antropologico per le coscienze di ogni età!
"Abbiamo fatto i primi passi verso un'antropologia dell'informatica" scrissero Francesco Piva e Silvia Basaldella nell'articolo su "Confluences".
La Macchina di Statistica
Entrambi gli articoli fanno poi riferimento al supposto ritrovamento della Macchina di Statistica, ovvero il calcolatore elettronico a valvole progettato e realizzato a Padova tra il 1958 e il 1962 dallo stesso Francesco Piva assieme a Giorgio Contin e Giuliano Patergnani ed esemplare numero 1 del Catalogo del Museo. La Macchina di Statistica avrebbe un valore storico-scientifico inestimabile in quanto è il secondo calcolatore a valvole realizzato in Italia dopo la più famosa Calcolatrice Elettronica Pisana e restò in funzione per alcuni anni presso il Dipartimento di Statistica; è citata anche in questo lavoro: https://docplayer.net/55402876-Information-technology-in-italy-the-origins-and-the-early-years.html.
Purtroppo non è andata così.
Se la Macchina di Statistica fosse stata davvero ritrovata, la notizia meriterebbe la prima pagina non solo sui giornali padovani ma su quelli nazionali e il Comitato per il Museo inaugurerebbe un anno di festeggiamenti! Purtroppo l'annuncio non corrisponde al vero perché già nel 2001 della Macchina di Statistica restava ben poco: non era più integra, ne restavano solo pezzi separati; ci risulta che siano stati ritrovati dei pezzi probabilmente dell'epoca ma l'appartenenza degli stessi alla Macchina è tuttora in fase di verifica.
Riguardo la Macchina di Statistica, comunque, segnaliamo all'assessore e a chiunque fosse interessato che il Comitato per il Museo è in grado di fornire diversa documentazione. Riportiamo una rara foto della Macchina:
e la copertina dell'abstract presentato alla VIII Rassegna Internazionale Elettronica e Nucleare di Roma del 1961 (n. 557 del Catalogo della Biblioteca del Museo):
Conclusioni
In definitiva, sottolineiamo con forza che se si vuole valorizzare davvero il Museo e la sua collezione questo passa necessariamente per la valorizzazione autentica ed efficace del contributo di tutti quanti hanno operato per e nel Museo Didattico di Storia dell'Informatica "Amici dei Tesori del Mondo" FMACU UNESCO e ancora desiderano fare qualcosa per esso: il Club UNESCO del 1989, la CLAC e l'Operazione "Amici dei Tesori del Mondo" promossa dalla FMACU in collaborazione con l'UNESCO nell'ambito del Decennio Culturale 1988-97, i numerosissimi volontari e gli obiettori di coscienza che prestarono la loro opera gratuita nel Museo per catalogare e riordinare le macchine, che non è possibile citare uno per uno, Alberto Cammozzo con i convegni sull'Uso Didattico dell'Informatica Storica (UDIS) e con il progetto ReFUN assieme a Danilo Selvestrel, ancora la CLAC e il Comitato per il Museo con le sollecitazioni al Comune che facciamo da due anni a questa parte e con le azioni legali summenzionate e, non ultimo, Silvia Basaldella e Amedeo Maddalena per le molte ore di lavoro profuso nelle scorse settimane per mettere in sicurezza le macchine e per la preziosa verifica sul Catalogo che stanno proseguendo tuttora.
In questo elenco non vogliamo dimenticare nemmeno il nuovo Club per l'UNESCO, i volontari di CCR2 - convocati dall'assessore senza tenere in minimo conto l'offerta del Free Software Users Group Padova, consociata della CLAC - che hanno coadiuvato fattivamente Silvia e Amedeo e non vogliamo dimenticare nemmeno l'assessore Colasio stesso che, benché con molto ritardo e con i limiti narrativi che abbiamo stigmatizzato, si sta interessando ad un patrimonio che gli uffici del Comune solo due anni fa volevano smaltire come ferrovecchio (e che lui due anni fa non sapeva nemmeno che esistesse).
Però l'assessore, e con lui tutta l'amministrazione comunale, dovrebbe cominciare a dare a Cesare quel che è di Cesare, come ha sottolineato anche Adriano Menin del Gruppo Speleologico CAI, Consociata CLAC, nella sua lettera aperta: in primis riconoscendo l'opera meritoria che la CLAC svolge all'ex Macello da più di quarant'anni, quindi riconoscendo alla CLAC la paternità di tanti dei contenuti di cui si è appropriato per la sua ipotesi di "progetto" che da mesi va descrivendo, a parole, e da ultimo, ma non ultimo, condividendo fattivamente con la CLAC un grande tavolo di concertazione sul futuro dell'ex Macello, che non può essere delegato a Pleiadi Srl.
Fino a quando l'assessore Colasio pensa che gli elettori padovani prendano tutto per oro colato senza le opportune verifiche?
La sua narrazione, come abbiamo visto, fa acqua da tutte le parti. Riteniamo che sarebbe ora che facesse un salto di qualità, che passasse cioè dal registro sensazionalistico e bufalaro ad una maggiore adesione alla realtà, in funzione di una comunicazione ai lettori e agli elettori padovani più veritiera e autentica e al contempo che cominci a considerare per l'ex Macello ipotesi più realistiche e più rispondenti alle necessità di tutti gli strati della popolazione, anche di quelli che un biglietto di ingresso a pagamento fanno fatica a permetterselo, e quindi alla vocazione pluridecennale di questo Laboratorio Culturale, che è anche un Luogo Antropologico che è sempre stato aperto a tutti e che non può e non deve essere svenduto ai privati.
Da ultimo, ma non ultimo, adesso che le macchine del Museo sono state messe in sicurezza, invitiamo l'assessore Colasio a considerare seriamente che trattandosi di materiale non di proprietà del Comune, come anch'egli riconosce, non può con troppa leggerezza disporne come fosse suo, né può trasferirlo o alienarlo, in tutto o in parte (nemmeno per un "Museo del design") in mancanza del benestare dei proprietari, che sono il Club UNESCO di Padova del 1989 e la Federazione Mondiale delle Associazioni, Centri e Club UNESCO (FMACU/WFUCA).
Chi si occupa del Parco dell'ex Macello?
7 agosto 2020
Care amiche e cari amici,
come Voi ben sapete il 27 giugno abbiamo presentato un esposto per richiamare l'attenzione sulle operazioni di restauro dell'ex Stalla di sosta bovini, sede del Museo Didattico di Storia dell'Informatica Amici dei Tesori del Mondo FMACU UNESCO e sulla tutela delle macchine del Museo durante il restauro. Avevamo anche inserito una richiesta riguardante gli Stagni artificiali del Parco Didattico, che non possono restare senz'acqua.
La tutela degli Stagni artificiali
Gli Stagni artificiali dell'ex Macello da una trentina d'anni, assieme ad altri biotopi, sono elemento integrante del Parco Didattico e da allora costantemente presidiati dalla CLAC, anche dopo il diradarsi delle attività didattiche perché necessitano di costante apporto di acqua. Il flusso può essere ridotto ma deve essere costante affinché non si secchino e gli anfibi che li abitano non abbiano a soffrirne -- in particolare due specie di tritoni (Triturus carnifex e Lissotriton vulgaris), la rana verde (Pelophylax esculentus) e il rospo smeraldino (Bufo viridis).
Ricordiamo che stiamo parlando di un'area, quella dell'ex Macello di Via Cornaro, che è sottoposta a Vincolo Paesaggistico (l'unica, in Padova, ad avere il doppio vincolo, Architettonico e Paesaggistico, assieme ai Giardini dell'Arena che ospitano la Cappella degli Scrovegni) e che l'area del Parco Didattico, dove si trovano gli Stagni, è interdetta al pubblico, quindi anche a noi della CLAC, da molti mesi.
Poco prima dell'inizio dei lavori di restauro dell'ex Stalla bovini gli stagni erano regolarmente colmi come nella foto:
Il 3 agosto 2020 ci è stato riferito da persone autorizzate ad accedere all'area che "gli stagni sono secchi da due settimane"!!
Ci siamo attivati immediatamente, abbiamo chiamato i Carabinieri Forestali di Padova e alle 16:40 abbiamo presentato un'integrazione all'esposto del 27 giugno per sollecitare la verifica immediata della situazione.
Siamo tutti uguali? Qualcuno è sempre più "uguale" degli altri!
Chi ha accesso al Parco ha verificato che la condotta che da trent'anni riforniva d'acqua gli stagni è stata scollegata dal suo rubinetto e il rubinetto è stato messo fuori uso. Al contempo, le stesse persone hanno verificato che un'altra condotta è stata collegata ad un rubinetto più a monte, una condotta che porta nella grande Sala di esposizione, dove è attualmente in corso una mostra, con corsi a pagamento, condotta dall'associazione Accademia dell'affresco in collaborazione con il Comitato per il Planetario - entrambe realtà che a tutt'oggi ci risultano prive di concessione per operare all'ex Macello, Su quest'ultimo piccolo "dettaglio" e su questioni non secondarie di "ordine pubblico" abbiamo chiesto spiegazioni urgenti al sindaco Giordani tramite PEC.
L'amministrazione persevera nella linea del silenzio più assoluto con la CLAC, la stessa linea del Marchese del Grillo, con la differenza che questi si assumeva la responsabilità di dire apertamente ai popolani come la pensava...
A queste considerazioni aggiungiamo che l'associazione Accademia dell'affresco ad oggi continua a dichiarare sul suo sito la sua affiliazione alla CLAC benché sia decaduta dallo stato di Consociata il 3 giugno 2019 e sia già stata diffidata dall'utilizzare il nome e il logo della CLAC: ci pare un attaccamento piuttosto bizzarro da parte di chi per lunghi anni ha fatto di tutto per corrodere e minare in ogni modo l'esistenza stessa della nostra Comunità!
Tornando agli stagni, abbiamo avuto un riscontro fattivo dai Carabinieri Forestali, ai quali siamo molto grati. Nulla da parte del Comune. Due giorni dopo siamo stati informati che l'impresa incaricata del restauro della ex Stalla di sosta, sede del Museo, compresa la difficoltà in cui il biotopo versava, segnalata da nostri simpatizzanti, ha pensato bene, bontà sua e di sua iniziativa, di ripristinare a sue spese un rubinetto e ha ricollegato la condotta originale per l'alimentazione degli stagni! Siamo molto grati al personale dell'impresa per il loro interessamento e per la loro sensibilità e lo abbiamo testimoniato direttamente.
Il grande Pioppo: un grande amico morto in poche settimane!
Ma non è finita: mentre ci stavamo attivando per salvare gli stagni dalla disidratazione abbiamo verificato che uno dei grandi pioppi (Populus alba) sul fianco Ovest dell'edificio in restauro è rinsecchito totalmente ed il fatto si è verificato nel giro di poche settimane! E' l'albero che si vede al centro, nella foto:
Com'è possibile? A giugno era rigoglioso e non mostrava segni evidenti di sofferenza.
Nutriamo forti dubbi che questa morte sia avvenuta per cause naturali, abbiamo viceversa il forte sospetto che sia stata causata dall'intervento mirato di qualcuno, cioè che l'albero monumentale sia stato avvelenato. Ma CHI potrebbe avere interesse ad eliminare un albero così, per di più in una zona così speciale come l'ex Macello, che è protetta dal Vincolo Paesaggistico??
Nel dubbio abbiamo pensato di coinvolgere nuovamente la magistratura con un secondo esposto, specificatamente per il Pioppo, chiedendo di indagare per determinare se i nostri sospetti hanno fondamento.
L'amministrazione tace
Siamo ancora in attesa che l'amministrazione comunale cominci a dare qualche risposta alle domande che dal 14 febbraio giacciono sui suoi tavoli e che smetta di fare differenze tra i cittadini che per qualsiasi motivo considera "amici" e quelli che non considera allineati nelle sue "schiere".
Oppure, se non intende farlo, che abbia il coraggio delle proprie azioni e lo dica, e che dica perché, che non nasconda sotto falsi pretesti, che non si reggono in alcun modo, i silenzi e le sperequazioni che mette in atto.
La CLAC, che ha presidiato ininterrottamente l'area per più di 40 anni, è stata sgomberata dall'ex Macello sulla base di motivi del tutto pretestuosi di "sicurezza" ma tiene così tanto al destino di questo Tesoro di Padova e Tesoro del Mondo FMACU-UNESCO che lo difende con le unghie e con i denti anche quando le viene vietato l'accesso, come l'uomo tuttofare di una casa che, licenziato dopo molti lustri da un padrone ingrato, è talmente attaccato alla casa da cui è stato estromesso che... si mette a riparare il tetto!
Tutto ciò è grottesco.
L'iter della proposta di Adozione del Parco e il dietro front degli assessori
Il Parco Didattico non si trova per caso nelle condizioni in cui si trova: nell'estate 2004 e nel settembre 2013 operai incaricati dal Comune, con il pretesto di ridurre le alberature più pericolose, entrarono senza preavviso nel Parco con mezzi pesanti -- assolutamente non necessari, e in primavera avevano promesso che non li avrebbero usati! -- e compirono un vero scempio del lavoro che i volontari della CLAC avevano realizzato in decenni dando vita al primo Parco Didattico di Ecologia ed Educazione Ambientale d'Italia!
Poco prima del secondo scempio, nella primavera del 2013, la CLAC aveva condotto, con grande impegno dei suoi volontari naturalisti, botanici e forestali, uno studio ambientale completo sull'area del Parco; tale studio si tradusse nella domanda di Affidamento in Adozione che presentammo in novembre sulla base dello strumento apposito predisposto dal Comune e che l'allora assessore al Verde Pubblico Andrea Micalizzi affidò all'ufficio di Gianpaolo Barbariol per il prosieguo della pratica.
La pratica venne temporaneamente... sospesa sotto l'amministrazione Bitonci, in attesa del benestare della Soprintendenza -- formalmente necessario essendo l'area vincolata, benché non avessimo previsto interventi invasivi -- ma poi non ricevette più nessuna considerazione, nonostante le reiterazioni, dalla successiva amministrazione Giordani, e nonostante nel frattempo il benestare della Soprintendenza fosse arrivato.
L'amministrazione non si è mai degnata di mettere nero su bianco perché il nostro progetto non poteva più andare avanti.
Venne di fatto bocciato, a parole, nella riunione del 6 aprile 2018, presenti gli assessori Colasio, Gallani e Micalizzi, quando -- dopo che avevamo presentato l'ennesima revisione, comprensiva del reperimento di un finanziamento per realizzarlo -- l'assessore Colasio disse che il nostro progetto di adozione del Parco Didattico non poteva essere realizzato perché all'ex Macello doveva realizzare il suo progetto, che ambiva ad un fondo europeo di 8 milioni di Euro e aveva ricevuto da due imprenditori diversi la richiesta di aprire un ristorante nell'area. Gli assessori Gallani e Micalizzi non fiatarono.
Ricordiamo che il nostro progetto di Adozione del Parco prevedeva solo opere di manutenzione e valorizzazione dell'area verde, non avrebbe coinvolto gli edifici pertanto sarebbe potuto essere perfettamente compatibile con qualsiasi altro progetto che si concentrasse sugli edifici.
La nostra proposta quindi non fu mai degnata di una risposta nel merito, fu semplicemente lasciata cadere nel silenzio in base al diniego proferito quel pomeriggio dell'assessore Colasio, che il nostro progetto non l'aveva nemmeno letto ma al cui volere tutta la coalizione si prostrò, come fa ancora oggi -- compreso l'assessore Micalizzi, che cinque anni prima aveva di fatto approvato la prima versione del progetto, compresa l'assessora Gallani, che il 2 novembre 2017 ci aveva dato il suo parere positivo, chiedendoci solo di aggiornare i dati, cosa che per il 6 aprile 2018 avevamo fatto.
Conclusioni
Dallo scempio del settembre 2013 gli uffici del Comune -- segnatamente l'Edilizia Monumentale, a cui è assegnata l'area del Parco -- hanno interrotto il censimento delle alberature e non hanno più effettuato alcun intervento di manutenzione se non l'abbattimento, nel 2019, di un alberello perfettamente sano perché qualcuno disse che era troppo inclinato (!!!)
L'area del Parco è stata quindi abbandonata a se stessa, evidentemente in modo intenzionale, per poter poi dire -- quando si sono verificati i primi incidenti -- che non era più sicura e le associazioni dovevano uscire..
Questo è il metodo adottato negli anni dall'ufficio dell'Edilizia Monumentale e oggi avallato dal sindaco Giordani e dai suoi assessori, nessuno escluso.
Da quando la CLAC, che per più di quarant'anni ha presidiato l'area, è stata estromessa dal Parco e poi dalla palazzina si sono verificati tre episodi di furto con scasso che hanno procurato non pochi danni e un episodio di vandalismo che ha colpito la nostra Consociata Movimento per la Decrescita Felice.
Di converso, a dispetto di questa situazione di degrado, la CLAC vigila, si informa e come può interviene, per difendere con le unghie e con i denti questo Tesoro di Padova e Tesoro del Mondo FMACU-UNESCO.
Il Movimento per la Decrescita Felice parla della CLAC!
Dopo quarant’anni dalla sua nascita, è stata sgomberata pochi mesi fa a Padova la CLAC, Comunità per le Libere Attività Culturali, una realtà storica che con il suo bosco e le molteplici iniziative avviate nei locali recuperati di un ex macello ha rappresentato per decenni un importante punto di riferimento per la città veneta eletta Capitale europea del volontariato 2020. Per salvare questo grande progetto di rigenerazione urbana e partecipazione cittadina viene lanciata oggi la campagna “Rendiamo l’Ex Macello di Padova Bene Comune”...
Leggi il resto dell'articolo di Cristina Diana Bargu e Maria Desiderio per Italia che Cambia sul sito del Movimento per la Decrescita Felice
Vandalizzata la sede di MDF!
31 luglio 2020
Ci rattrista condividere le immagini della sede di MDF Padova, all’interno dell’Ex Macello, a cui abbiamo avuto accesso solo oggi dopo più di 6 mesi dallo sgombero da parte del comune del 15 gennaio, per poter recuperare del materiale di proprietà dell'associazione per continuare le nostre attività, in attesa di rientrare negli stessi locali non appena possibile.
Ci rattrista per i ricordi ad essa associati, per i volontari che hanno investito tempo ed energie per prendersi cura e rendere lo spazio accogliente e accessibile, per gli incontri, i laboratori, lo scambio di idee, i momenti conviviali, per quello che abbiamo costruito insieme, per le persone che ci hanno sostenuto e che hanno creduto nell’operato dell’associazione e della CLAC tutta.
Al sentimento di tristezza fa da compagna la rabbia per l’incomprensione del valore di tutto questo da parte di un’amministrazione che ha legittimato lo sgombero, noncurante della storia del luogo e delle energie in circolo e attive negli spazi dell’Ex macello. Le immagini parlano chiaro: quello che abbiamo trovato oggi non è la conseguenza di incuria da parte dei volontari, ma di un atto deliberato non per mano nostra, è un danno all’associazione e un’involuzione per l’Ex Macello e per la città di Padova.
A quale narrazione vogliamo credere? La CLAC è attiva e continua ad incontrarsi e a far informazione sull’accaduto. Noi non abbiamo niente da nascondere né di cui vergognarci.
Il Club per l'UNESCO di Padova sostiene il Museo FMACU!
Il nuovo Club per l'UNESCO di Padova scrive al sindaco Sergio Giordani per chiedere che il patrimonio del Museo Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO venga adeguatamente protetto durante i lavori di restauro dell'edificio e adeguatamente conservato e valorizzato!
Siamo grati al Club per l'UNESCO di Padova per il loro interesse per questo patrimonio di Padova da tutelare, unico e ancora poco conosciuto!
Il primo Club UNESCO di Padova: la testimonianza di Francesco Spagna
Segnaliamo l'intervento che Francesco Spagna ha fatto al webinar Padova e l'UNESCO del 25 giugno in cui ha narrato parte della sua esperienza e le modalità di azione del primo Club UNESCO di Padova, a cui la CLAC diede vita nel 1989 (al minuto 1:59:49 inizia il suo intervento):
<https://www.facebook.com/clubUNESCOPD/videos/207739930398521>
Il Museo di Informatica FMACU / Quando i giornali parlano della CLAC
14 luglio 2020
Care Amiche e cari Amici,
oggi sul Mattino di Padova leggiamo un articolo a firma di Claudio Malfitano dal titolo Una fondazione per l'ex Macello / «Pronti a dare mezzo milione»
L'articolo riporta abbastanza fedelmente alcune informazioni che abbiamo pubblicato lo scorso 7 luglio su <http://www.clacpd.org/news/2020/un-museo-e-una-fondazione-per-il-laboratorio-culturale-dellex-macello> però si rende necessario fare alcune precisazioni.
Prima di tutto dobbiamo evidenziare con estremo disappunto e grande delusione che ad un testo sostanzialmente corretto viene associata una immagine datata e del tutto fuorviante, che non ha nulla a che vedere con il contesto: la foto dell'articolo del Mattino, infatti, testimonia un episodio di dispersione di materiale informatico che risale all'autunno 2019, che la CLAC stigmatizzò e dal quale prese subito le distanze. Lo abbiamo ricordato anche nell'articolo del 7 luglio scorso ma qualcuno evidentemente conta sul fatto che ripetere una calunnia all'infinito la faccia suonare come verità agli orecchi di chi la ascolta.
Ci fa specie e ci rattrista che anche certa stampa continui a marciare su questa falsità, ben sapendo che è tale, lasciando intendere che sia la CLAC la responsabile di quell'episodio di dispersione di materiali, proabilmente perché il degrado fa notizia, e probabilmente per compiacere il palazzo perché dire che di quell'episodio di dispersione di materiale (per fortuna di importanza minore) è responsabile la CLAC serve ad allontare l'attenzione dei lettori dalle responsabilità reali che il Comune e le varie amministrazioni comunali hanno su tutta l'area -- responsabilità come avere aperto la porta posteriore del Museo per entrare per sopralluoghi tecnici e averla lasciata spalancata fino ad oggi esponendo le macchine del Museo alla mercé di chiunque nonostante le nostre richieste di chiuderla (si veda l'esposto che abbiamo presentato alla procura), responsabilità come lasciare per anni il tetto del Museo rotto - e chi doveva ripararlo? - o come smettere deliberatamente di censire le alberature (dal 2013), per dire alcune delle cose più recenti.
La CLAC, Comunità per le Libere Attività Culturali -- abbiamo questo nome da 45 anni ma qualcuno ancora sbaglia a scriverlo -- ha animato l'area da ben più di quarant'anni, da prima di costituirsi in associazione di associazioni il 6 giugno 1975 e da prima di entrare formalmete all'ex Macello con le chiavi e una lettera del Comune (1980).
La collezione di computer del Museo Laboratorio Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO non è "la collezione di Francesco Piva" ma, per l'appunto, la collezione del Museo Laboratorio Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO: questa è la denominazione che il Club UNESCO di Padova stabilì per il Museo dal momento che esso era considerato un elemento integrante e qualificante del Laboratorio Culturale dell'ex Macello, Laboratorio che la FMACU insignì del titolo di Tesoro del Mondo durante il Convegno Mondiale svoltosi a Dakar (Senegal) nel 1991.
Chiamarla "La collezione di Francesco Piva" serve per mascherare dietro un'espressione di apparente deferenza la degradazione di quell'esperienza da esperienza nobile, alta, di una comunità di persone che aveva cura dell'area, che collaborava con la FMACU (Federazione Mondiale delle Associzioni, Centri e Club UNESCO) e con l'UNESCO ad altissimi livelli di respiro internazionale, a esperienza, quasi ad un semplice hobby, di una singola persona.
Siamo convinti che Francesco Piva non vorrebbe questo!
Il valore dell'esperienza del Museo, che è stato sì voluto fortissimamente da Francesco Piva, risiede anche nel gran numero di persone che hanno contribuito, che hanno creduto in quell'esperienza, che hanno ripulito le macchine, le hanno protette sotto i teli, le hanno catalogate e hanno catalogato i manuali.
Siamo convinti che Francesco Piva vorrebbe che la "sua" collezione fosse riconosciuta sempre nel tempo per il suo valore di patrimonio collettivo, per questo crediamo che non avrebbe mai voluto che le fosse associato il suo solo nome ma bensì che continuasse ad essere chiamato Museo Laboratorio Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO come lui diceva sempre, per tutto ciò che questa denominazione significava e tuttora significa.
Riguardo infine la nota sullo sgombero e il ricorso al TAR, che l'articolo riporta alla fine, ribadiamo che il Comune ha lasciato intendere che vi fosse rischio strutturale ma gli elementi che sono riportati nella perizia per sostenere questa tesi non sono idonei per dimostrarla e la confutazione dei medesimi è uno dei capisaldi del ricorso che abbiamo presentato al Tribunale Regionale.
Museo FMACU: la testimonianza di Silvia Basaldella
L'articolo che presentava l'esperienza del Museo FMACU di Padova sul numero di maggio-giugno 2000 di "Confluences", la rivista ufficiale della FMACU
7 luglio 2020
Che dolore dover leggere le parole di Colasio: "Purtroppo abbiamo dovuto constatare che nessuno si è mai preso veramente cura di tutelare quel grande patrimonio che ora spero di poter salvare..."
Il documento che allego, del 2000 circa, che molti di voi conosceranno, testimonia che non solo il materiale era adeguatamente tutelato e catalogato, ma che il Museo Didattico di Storia dell'Informatica era già operativo, meta di visite di privati, anche dall'estero, e di classi scolastiche dalle elementari alle superiori (come si vede dalla foto).
Successivamente, proprio a causa della mancata collaborazione delle varie Amministrazioni che non hanno MAI ascoltato le nostre ripetute richieste "almeno" di aggiustare il tetto, è stata gravemente compromessa l'enorme quantità di lavoro compiuta con passione e sacrificio per anni!
Noi volontari abbiamo fatto tutto quanto era nei nostri mezzi per proteggere il patrimonio di macchine, accessori, ecc. contenuti nel Museo, ma senza finanziamenti pubblici non potevamo certo fare interventi edilizi!!!
Con tristezza, Silvia Basaldella
Un Museo e una Fondazione per il Laboratorio Culturale dell'ex Macello
7 luglio 2020
Care Amiche e Amici della CLAC, care Amiche e Amici della Città di Padova e delle sue infinite bellezze, chi ci segue su Facebook è già aggiornato ma visti gli accadimenti delle ultime settimane riteniamo opportuno dare anche qui un resoconto su quanto abbiamo fatto in questi mesi.
Lo sgombero
Come voi ben sapete, il 15 gennaio 2020 la CLAC è stata fatta sgomberare a forza dalla palazzina di Via Cornaro 1 B, sua sede storica dal marzo 1980 -- non c'è stato davvero bisogno della forza, siamo da sempre un'organizzazione pacifica e impegnavamo quei locali LEGALMENTE, ma qualcuno ha pensato che era necessario fare intervenire la forza pubblica, con abbondanza di mezzi e agenti in tenuta antisommossa...
Il 13 febbraio l'amministrazione comunale ha accettato di incontrarci: hanno ascoltato le nostre richieste, ci hanno proposto sedi alternative e non hanno mai dato risposta -- con un silenzio molto eloquente, senza mai darci uno straccio di comunicazione -- alle richieste che abbiamo protocollato subito il giorno dopo, molto semplici, come la concessione delle chiavi dei cancelli carrai (il cortile interno dell'ex Macello non presenta certo problemi di sicurezza) e di una piccola sala per riunirci in loco. No: la CLAC fuori, gli amici degli amici dentro.
E ci parlano di dialogo e partecipazione? Il dialogo presuppone che ogni tanto l'interlocutore tenga in conto anche quello che l'altro ha da dire.
La questione vera alla base dello sgombero non erano certo "problemi strutturali", come il Comune ha tentato di fare passare, dato che quelle evidenziate dal Comune erano tutte questioni facilmente risolvibili se solo ci fosse stata la volontà politica di continuare ad ospitare la CLAC all'ex Macello.
Il ricorso al TAR
Per questo siamo ricorsi al TAR contro lo sgombero e al tribunale regionale abbiamo chiesto anche, ricorso nel ricorso, che, in attesa del giudizio finale, che potrebbe richiedere tempi lunghi, ci fosse concessa la sospensiva degli effetti dello sgombero; il TAR ha respinto la richiesta di sospensiva, con una motivazione a nostro giudizio, e a giudizio dei nostri legali, priva di consistenza. Il Comune ha tentato di fare passare questa prima fase come se avessimo perso il ricorso ma così non è: contro la negazione della sospensiva siamo ricorsi in appello al Consiglio di Stato e ad oggi siamo in attesa della pronuncia dell'organo superiore.
La CLAC non si arresta... nemmeno col covid! Una Fondazione di Partecipazione
A dispetto delle enormi difficoltà a cui siamo andati incontro a causa del venir meno da un giorno all'altro della sede operativa, non ci siamo dati per vinti e abbiamo organizzato una bellissima giornata in Prato della Valle con molte altre associazioni dal titolo "Ricucire l'Italia: Un Abito Per Tutti?" che ha visto grande partecipazione ed è stata seguita con interesse anche da molti cittadini non già informati sulle vicende dell'ex Macello e dell'associazionismo padovano della solidarietà.
Alle difficoltà sopra citate si è sommata l'emergenza sanitaria da COVID-19, ma nemmeno per il COVID la CLAC ha interrotto le sue attività: abbiamo continuato a riunirci in via telematica e il 21 aprile abbiamo inviato al Comune di Padova la proposta di dare vita assieme alla CLAC ad una Fondazione di Partecipazione per l'ex Macello, per la sua tutela come monumento storico e di archeologia industriale e per la tutela del Laboratorio Culturale partecipato a cui la CLAC ha dato vita fino dagli anni Settanta e che nel 1991 è stato dichiarato "Tesoro del Mondo" FMACU-UNESCO. Abbiamo corredato la proposta con l'offerta di una somma importante, ben 500.000 Euro -- sì avete letto bene -- 500.000 Euro che un nostro caro amico, che crede in quello che facciamo, è disposto a destinare al preciso progetto della Fondazione da fare con il Comune. Voi per caso ne avete saputo qualcosa? Avete letto qualcosa di tutto questo sui giornali? No? Nemmeno noi. Dal 21 aprile l'amministrazione comunale non si è degnata di risponderci, nemmeno per dirci "No, grazie".
Ci sembra che l'offerta fatta dalla CLAC all'amministrazione comunale sia di tutto rispetto e, specie di questi tempi, quantomeno meriti una risposta, che con la presente torniamo a sollecitare. Signor sindaco: ci siete?
Il Museo Laboratorio Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO
Venendo al presente, poco più di una settimana fa abbiamo preso atto -- anche in questo caso nessuno ci ha avvertiti -- che il Comune ha iniziato i lavori di ristrutturazione dell'ex Stalla di sosta bovini, l'edificio che ospita il Museo Laboratorio Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO, che tra gli anni Novanta e i primi Duemila ha accolto numerosissime persone, scolaresche, studiosi e appassionati, portati in visita guidata da Francesco Piva e Silvia Basaldella.
Dopo la scomparsa di Francesco Piva, la CLAC ha dato vita ad un Comitato per il Museo Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO e nel 2018 e nel 2019 abbiamo inviato al Comune di Padova due comunicazioni in cui abbiamo segnalato l'importanza del patrimonio storico scientifico che questa collezione di computer costituisce per la città di Padova e abbiamo chiesto con forza al Comune di assicurare la protezione adeguata delle macchine per tutta la durata dei lavori di restauro nonché il successivo ripristino delle stesse nell'edificio del Museo, da fare riattivare come tale, offrendo la nostra totale collaborazione.
Il tetto dell'edificio ha ceduto qualche anno fa ma il solaio per fortuna ha retto, il restauro è certamente necessario pertanto abbiamo accolto con entusiasmo la decisione del Comune di procedere al restauro.
Un esposto e una diffida
Però né gli uffici del Comune né l'amministrazione comunale in carica hanno mai risposto alle nostre comunicazioni pertanto, quando qualche settimana fa abbiamo visto il cantiere partire, senza avere ricevuto la minima comunicazione al riguardo, ci siamo attivati e abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica per scongiurare il rischio che il Comune volesse far fare alle macchine una brutta fine.
Non solo, abbiamo anche inviato ad alcuni funzionari del Comune di Padova una diffida riguardo il possibile rischio di danneggiamento della collezione, che qualcuno nel Comune aveva iniziato ad affermare che fosse diventata di proprietà del Comune stesso -- leggete i documenti collegati per i dettagli tecnici.
L'articolo di oggi sui lavori al Museo
Oggi, 7 luglio 2020, mentre stiamo per pubblicare questo resoconto, leggiamo sul Mattino di Padova l'articolo dal titolo Ex Macello, iniziati i lavori di recupero, in cui il giornalista Luca Preziusi riporta dichiarazioni dell'assessore Andrea Colasio e posizioni dell'amministrazione comunale che riteniamo necessario commentare perché leggiamo cose che non corrispondono al vero e ipotesi altrettanto irricevibili.
Leggiamo che l'assessore Colasio vorrebbe esporre parte della collezione presso il Castello Carrarese: questa è un'ipotesi che sia come CLAC che come Comitato per il Museo respingiamo con forza e lo abbiamo detto anche di persona all'assessore Colasio; portare alcune macchine al Castello Carrarese, come ha dichiarato ("poche unità, le più belle") determinerebbe lo smembramento della collezione e la snaturerebbe, dato che fanno parte di un insieme importante per il suo contesto antropo-scientifico, non certo (solo) per l'estetica (l'assessore citò l'esposizione sul design)!
Francesco Piva, Padovano Eccellente, dopo la sua scomparsa viene spesso citato, e ha trovato anche molti amici, che in vita forse non sapeva nemmeno di avere. Noi siamo felici che venga ricordato, soprattutto che venga ricordato con le parole che pronunciò il decano nella proclamazione del Padovano Eccellente, che richiamavano quanto aveva fatto con e nella CLAC e nel Club UNESCO. Ma se lo si vuole ricordare degnamente allora bisogna anche ricordare che la collezione che lui, Silvia Basaldella e i collaboratori del Club UNESCO realizzarono, con grande impegno e passione, era suo progetto e desiderio che restasse a Padova, nell'ex Macello di Via Cornaro, come parte del Laboratorio Culturale dell'ex Macello, ne attribuì la proprietà alla Segreteria Internazionale dell'Operazione "Amici dei tesori del Mondo" FMACU-UNESCO, di cui il Club UNESCO di Padova aveva l'incarico (cfr. ANNE WILLINGS-GRINDA, Membre d'honneur de la Fédération mondiale des associations, centres et clubs UNESCO, Les Clubs UNESCO, des chemins de lumière / Vers une histoire des Clubs, 1947-1996, https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000120450_fre, pagg. 132-133) e sicuramente non avrebbe mai accettato che venisse smembrata.
L'assessore Colasio quindi prosegue affermando: «Purtroppo abbiamo dovuto constatare che nessuno si è mai preso veramente cura di tutelare quel grande patrimonio, che ora spero di poter salvare anche per rendere onore al professore [Francesco Piva, n.d.r.]»
A questo riguardo corre l'obbligo di riportare innanzitutto la testimonianza che Silvia Basaldella, curatrice e anima del Museo assieme a Francesco Piva, ha rilasciato oggi.
Dobbiamo altrettanto ricordare i tre convegni sull'uso didattico dell'informatica storica (UDIS) organizzati presso l'ex Macello, in collaborazione con l'Università degli Studi di Padova, dal 2006 al 2008, di cui restano gli atti e i siti: <http://udis06.stat.unipd.it/>, <http://udis07.stat.unipd.it/>, <http://udis08.stat.unipd.it/>
Nel contesto di UDIS 2008 Alberto Cammozzo - membro del Comitato per il Museo Didattico di Storia dell'Informatica FMACU-UNESCO - presentò un progetto per il recupero della collezione nel quadro del Laboratorio Culturale dell'ex Macello con attenzione alla sostenibilità delle ICT, in perfetta coerenza con la linea socio-culturale che la CLAC promuove da sempre: CAMMOZZO A., Un progetto per un museo di storia dell'informatica a Padova. Terzo convegno sull'uso didattico dell'informatica storica UDIS08 Padova, Giugno 2008, <http://cammozzo.com/Papers/Museo-Mission.pdf>. Il progetto venne presentato all'allora assessore alla Cultura Monica Balbinot (amministrazione Zanonato).
L'affermazione dell'assessore Colasio, pertanto, non sta né in cielo né in terra.
Dal canto suo la CLAC, benché non sia proprietaria delle macchine del Museo, ha sempre fatto di tutto per sostenere l'iniziativa del Club UNESCO dato che ha sempre considerato il Museo Didattico di Storia dell'Informatica parte integrante del Laboratorio Culturale dell'ex Macello. Come CLAC abbiamo trasmesso al Comune le sollecitazioni che abbiamo citato sopra, nel 2018 e 2019, perché gli uffici tecnici del Comune inizialmente sostenevano che avremmo dovuto "sgomberare" l'edificio, e per loro tutte quelle macchine si poteva tranquillamente BUTTARLE. Successivamente ci fu almeno un altro paio di tentativi, che abbiamo intercettato, di "eliminare" tutta la collezione cedendola a organizzazioni differenti, lontane da Padova, ovviamente il tutto senza avvertirci; non ci è perfettamente chiaro chi fu il motore di questi tentativi successivi ma abbiamo forti sospetti.
Le sollecitazioni che abbiamo inviato al Comune nel 2018 e nel 2019 sono rimaste lettera morta, benché avessimo inviato già nel 2018 anche il catalogo completo delle macchine, quando il Comune sosteneva che erano solo ferramenta di cui sarebbe stato meglio disfarsi.
Quindi che nessuno si sia mai preso cura della collezione, l'assessore non lo può proprio affermare. Sarebbe semmai da verificare PERCHE' né gli uffici tecnici del Comune né le ultime amministrazioni comunali che si sono succedute abbiano mosso un dito per sostenere l'iniziativa del Museo - anche solo per riparare il tetto! - quando questa era portata avanti dal Club UNESCO di Padova, che aveva l'incarico della Segreteria Internazionale dell'Operazione Amici dei Tesori del Mondo FMACU-UNESCO, quando Francesco Piva era ancora in vita.
Ora, se l'assessore Colasio si vuole intestare il merito di salvatore del Museo... la CLAC potrebbe non avere nulla in contrario, fatte le premesse di cui sopra, purché la collezione non venga smembrata, non venga snaturata e venga ripristinata dove è sempre stata, perfettamente fruibile e documentata, come da nostre richieste presentate nel 2019.
L'articolo quindi riporta che l'assessore la prossima settimana "farà visita all'area con degli esperti per valutare le condizioni del materiale": chi sono questi esperti? Hanno i permessi e i titoli per intervenire in una sede non agibile per una verifica di questo tipo? E quali interventi faranno sulle macchine?
Il giornalista poi prosegue affermando che nell'area transennata ci sono "edifici inagibili", citando le associazioni della CLAC che li frequentavano fino a qualche tempo fa: a noi non è mai stato comunicato che quegli edifici fossero "inagibili"; nel 2018 sono stati apposti dei fogli volanti all'ingresso del Parco che riportavano che non si poteva accedere al Parco per problemi alle alberature danneggiate a seguito del fortunale del 2018 (alberature che, lo ricordiamo, dal 2013 non sono più state censite né manutenute dal Comune!); poi ci fu intimato a voce -- vedi la coerenza -- che non si poteva accedere al Parco, pena una multa salata, ma mai ci sono state date comunicazioni in merito agli edifici del Parco. Del resto, vale la stessa cosa per la palazzina sulla strada: se ci fosse stata la volontà politica di continuare ad ospitare la CLAC all'ex Macello, qualsiasi problema anche di agibilità degli edifici sarebbe stato risolvibile, prevedendo un piano di recupero e di successivo rientro delle associazioni. Di contro, l'articolo non cita le associazioni e le persone che tuttora, sotto gli occhi di tutti, accedono al Parco e agli edifici che contiene, in totale spregio del divieto: per loro il divieto non vale?
Poi l'articolo afferma: "Il 15 gennaio scorso c'è stato lo sgombero delle palazzine inagibili"; no: il 15 gennaio c'è stato lo sgombero della sola palazzina che dà sulla strada, che è stata dichiarata inagibile dal Comune con motivazioni che, come già detto sopra, sarebbero state facilmente risolvibili se ci fosse stata la volontà politica di continuare ad ospitare la CLAC all'ex Macello, ma che non presenta veri problemi strutturali, stando alla stessa perizia prodotta dagli uffici del Comune. E nel merito siamo ancora in attesa del pronunciamento del TAR.
Ci sono state proposte sedi esterne che abbiamo rifiutato: l'amministrazione comunale, a dispetto di mesi di dialogo -- che a questo punto abbiamo capito che da parte loro era del tutto insincero -- continua a sorvolare sul fatto che la CLAC non lamenta solo la sottrazione di una sede, dall'oggi al domani, ma anche e soprattutto la possibilità di continuare ad occuparsi dell'area dell'ex Macello, che essa stessa ha salvato dal degrado e dall'incuria in cui lo stesso Comune di Padova l'aveva abbandonata (cfr. la Missione Sociale della CLAC), nei primi anni Settanta, a partire da quando non era ancora costituita in associazione di associazioni (6/6/1975).
Riguardo i computer che sono stati trovati all'aperto nell'autunno 2019: abbiamo già scritto e spiegato che quella dispersione non è in alcun modo imputabile alla CLAC: l'area ci era da tempo preclusa e a nostra volta avevamo già avvertito il Comune del fatto; ed essendo l'area a noi preclusa, anche volendo non avremmo potuto intervenire; restiamo viceversa convinti che se il Comune avesse provveduto per tempo a mettere in sicurezza il Museo come da noi a suo tempo richiesto (vedi anche l'esposto che abbiamo presentato), quell'episodio avrebbe potuto essere evitato (dalle foto che potemmo visionare, comunque, riteniamo che quella dispersione, attuata da ignoti, non abbia fortunatamente interessato i pezzi più importanti della collezione).
L'articolo cita infine il vincolo paesaggistico che, assieme al vincolo architettonico, insiste su tutta l'area; l'articolo non ricorda, però, che quel vincolo fu voluto fortissimamente e ottenuto grazie alla caparbietà dalla CLAC e dal Comitato Mura di Padova.
Conclusioni
Quindi, alla luce dei fatti, in più di quarant'anni chi è che si è veramente preso cura dell'ex Macello?
L'attuale amministrazione comunale, escludendo totalmente la CLAC dall'ex Macello di Via Cornaro -- non solo da una palazzina dichiarata inagibile ma negando anche solo le nuove chiavi dei cancelli carrai, negando una stanza comune dove riunirsi -- ha segato il ramo su cui era seduta: ha sbattuto fuori la Comunità che dell'ex Macello si era presa più cura di tutti; da quando ci è stato impedito di entrare nell'area, infatti, si sono verificati ben tre episodi di furto con scasso, che era molto tempo che non si verificavano. Con lo sgombero della CLAC è stata danneggiata non solo la nostra Comunità ma anche tutta l'area, patrimonio della Città.
I sonori silenzi che il Comune osserva rispetto alle nostre richieste e alle nostre proposte, per l'ex Macello, per il Museo, per la Fondazione, ci fanno tornare alla mente un'immagine che non riusciamo ad allontanare, che è quella del Marchese del Grillo che apostrofa i popolani con il famoso "Io so' io, e voi non siete un c****!" Da un'amministrazione che prometteva di fondare il suo consenso sulla partecipazione ci aspetteremmo qualcosa di molto diverso.
Comunicato 04/03/2020
COMUNICATO 04/03/2020
Mancano pochi giorni alla scadenza proposta dalla CLAC all'amministrazione per rendere ufficiali le dichiarazioni espresse durante l'incontro tenutosi il 13 Febbraio 2020 tra la CLAC, sindaco Giordani e gli assessori Colasio, Micalizzi, Nalin, Benciolini e Gallani.
Ecco un piccolo riepilogo dei punti attorno ai quali ci si è confrontati:
- Il Sindaco, ascoltato il discorso che racconta gli elementi storici salienti, le attività svolte dalla CLAC nell'ultimo anno e il progetto per la rinascita dell'area, presentato già in settembre senza ricevere attenzione, dichiara di aver appreso elementi dei quali non era ancora a conoscenza.
- Riferisce che, a maggior ragione, rispetto a quanto sapeva prima, la CLAC deve avere in futuro un ruolo determinante nel progetto di ripristino dell'area. Dichiara che in ogni caso il Comune ha un suo progetto in cantiere ormai da 3 anni rispetto a quegli spazi e che quindi ha studiato insieme all'assessora Marta Nalin una modalità per venire incontro alle esigenze di tutti. Verrà stipulata una convenzione con la Fondazione Innovazione Sociale di Bologna. Quest'ultima si occuperà di mediare tra la CLAC e gli altri soggetti che verranno interessati nel progetto.
- L'assessore Colasio ci tiene a sottolineare come il Comune si è assunto l'onere e l'onore di dare seguito a ciò che la CLAC, nella figura di Francesco Piva, ha richiesto per anni: la creazione del museo dell'informatica, andando ad intervenire in una situazione ormai vicina al completo declino.
All'apparenza potrebbe sembrare che finalmente sia arrivato il riconoscimento che alla CLAC è sempre mancato rispetto al ruolo determinante in quell'area ma tanti sono i punti di domanda che sono rimasti irrisolti nonostante le 3 ore di incontro.
E' rimasto oscuro il progetto che il Comune ha in cantiere. L'assessore Colasio riferisce che quanto emerso sui giornali non corrisponde a verità e di non saper dare alcun dettaglio aggiuntivo sul progetto Cittadella della Scienza.
Il comune non si è assunto la responsabilità rispetto allo stato di declino in cui versa l'area e questo è il punto attorno al quale si gioca la battaglia per la verità tra CLAC e Comune.
Nonostante il progetto CLAC sia stato riconosciuto, negli anni, dalla Regione Veneto come Istituto di Interesse Locale in base alla Legge Regionale 05/11/1979 n. 82, e tutelato come Tesoro del Mondo nell'ambito del decennio Culturale 1988-97 dell'UNESCO, nonostante il Comune abbia permesso alla CLAC lo svolgimento delle proprie attività per 45 anni e goduto delle attività di rigenerazione dell'area che la CLAC ha svolto (restauro degli edifici che ospitano il Planetario e le mostre nella cosiddetta Cattedrale; la realizzazione del primo Parco Ecologico Didattico nella Regione Veneto), la CLAC non ha mai ottenuto un riconoscimento formale che attestasse la sua presenza ufficiale nell'area, mentre invece gli altri soggetti presenti e operanti all'ex Macello godono di una convenzione che permette loro di sviluppare i propri progetti.
La CLAC ha più volte proposto all'amministrazione la partecipazione a bandi per ottenere fondi che permettessero di investire per svolgere i lavori di manutenzione delle aree verdi e degli edifici ma le amministrazioni che si sono succedute si sono sempre rifiutate. Ha proposto l'adozione dell'area con un progetto di censimento e catalogazione delle piante per il ripristino del parco didattico con l'esito di essere in una prima fase approvato dal comune nel 2013 e successivamente dalla Soprintendenza, ma poi rifiutato, nel 2018. Si è proposta per svolgere almeno i piccoli lavori di manutenzione dell'impianto elettrico, di rimozione dei controsoffitti e di innalzamento delle balaustre della palazzina dove, in seguito alla preclusione all'utilizzo delle sedi nel parco (dovuta anch'essa alla mancata manutenzione del verde da parte dell'ente pubblico che ne è responsabile), svolgeva le attività ma le richieste sono state ignorate. E proprio per questi motivi (impianto elettrico, balaustre, controsoffitti), e non perché la palazzina abbia problemi strutturali, è stata sgomberata a mezzo di polizia, senza ricevere alcuna comunicazione a riguardo.
“Purtroppo è mancata un'assunzione di responsabilità dell'amministrazione rispetto allo stato in cui versa l'area” dichiara Gentile.
“Inoltre la CLAC si chiede come mai venga data priorità ad un progetto non ancora presentato e non sia stato nemmeno preso in considerazione il progetto che la CLAC ha illustrato al Comune in data 30 settembre 2019 per trovare insieme delle soluzioni per le problematiche che hanno poi portato alla risoluzione tramite sgombero”. “A nostro avviso questo atteggiamento dell'amministrazione è significativo di quanto poco la politica rappresenti gli interessi dei cittadini e continui ad essere simile ad una gestione feudale della cosa pubblica in cui il signore concede al proprio vassallo un feudo a discapito degli interessi e dell'impegno posto dal popolo”.
Si è pertanto deciso di far seguire all'incontro una lettera che favorisca l'ufficializzazione delle aperture emerse in sede di incontro nei confronti della CLAC.
Quali le richieste della CLAC al primo cittadino?
- La CLAC chiede di essere finalmente riconosciuta a livello ufficiale per la sua presenza nell'area e in particolare nelle sedi da cui è dovuta gradualmente uscire (ex Sede Scout, ex sede LMC, ex sede Gruppo Speleologico – Cai, palazzina), mediante una dichiarazione formale che sancisca il suo rientro in questi spazi, non appena saranno resi nuovamente agibili.
- Chiede di non essere sradicata dall'area e di poter svolgere attività nelle aree esterne, mediante l'approvazione di un progetto simile nelle caratteristiche ad altre situazioni avvallate e promosse dall'amministrazione (Parco Milcovic, Giardini dell'Arena e Piazzetta Gasparotto, solo per citare alcuni casi). Il fatto di poter programmare una stagione di attività culturali e artistiche complementari rispetto all'offerta del Planetario e delle mostre che si svolgono in cattedrale, permetterebbe alla CLAC di mantenere il suo legame con l'area dell'ex Macello e di reperire parte dei fondi necessari a svolgere i primi lavori per la messa in sicurezza della palazzina e del verde.
- Chiede di poter avere una sede, anche in una piccola parte degli spazi interni ancora agibili.
- Chiede di poter proseguire nelle attività di custodia del materiale che la CLAC ha aiutato a catalogare e custodire per decenni e che servirà a sviluppare il progetto “Museo dell'Informatica”, oltre che di rientrare in possesso dei 20.000 volumi murati dentro la palazzina e con i quali si stava cominciando a costruire la progettualità della biblioteca per l'infanzia multilingua insieme all'Associazione Mi Leggi: diritti ad alta voce.
- Chiede di essere messa a conoscenza del Progetto Cittadella della Scienza e degli attori con i quali si dovrà confrontare nel percorso di progettazione partecipata.
In sede di incontro il sindaco non ha voluto dare risposte nette rispetto a queste richieste. Dovrà prima confrontarsi con la giunta. Ha ribadito più volte però che d'ora in poi nella gestione del progetto di rigenerazione dell'area si proseguirà “insieme”. Ci auguriamo pertanto che le ragionevoli richieste, portate a seguito di un intervento risolutivo poco dialogante dell'amministrazione, ricevano una risposta positiva, così da poter veramente ripartire “insieme” in un processo in cui la creatività civica che ha permesso all'area dell'ex Macello, non solo di salvarsi dal declino ma di divenire uno dei fiori all'occhiello della città di Padova, venga finalmente premiata e il mondo dell'associazionismo possa collaborare con il Comune nel rendere Padova una città all'avanguardia in ambito di rigenerazione urbana partecipata.
Lettera al Presidente della Repubblica
In viaggio con gli Speleologi CAI nella Padova Sotterranea
Il nostro progetto per l'ex Macello sul Mattino di Padova
Francesco Spagna - Lo sgombero è un'ingiustizia
L'ex sindaco Gottardo: «Sergio, un grave errore»
LO SGOMBERO DELLA CLAC!
Il 15 gennaio 2020 la palazzina di destra dell'ex Macello di Padova, in Via cornaro 1 B, è stata sgomberata dalla polizia su ordinanza del sindaco di Padova Segrio Giordani.
Per tutta la mattina Via Cornaro, che collega due importanti arterie della viabilità cittadina, Via San Massimo e Via Gattamelata, è stata parzialmente chiusa al traffico per effettuare la suddetta operazione di sgombero coatto.
La motivazione dello sgombero risulta essere la dichiarazione di inagibilità della palazzina suddetta, trasmessa dal settore Lavori Pubblici al settore Patrimonio Partecipazioni e Avvocatura nonché al settore Polizia Locale e Protezione Civile in data 17/09/19 (prot. 368431).
Due settimane dopo, il 30/09/19, avviene l'incontro tra la maggioranza degli assessori della giunta comunale e le associazioni della CLAC, in cui presentiamo un progetto di rigenerazione degli spazi che prevede la ristrutturazione dello stabile e il ripristino delle attività nel Parco retrostante. In tale occasione, nessuna notifica dell'inagibilità ci viene consegnata.
Tale incontro nasce dalla necessità di chiarire una situazione storicamente precaria: per 45 anni associazioni di volontari si sono prese cura dell'area dell'ex Macello di Via Cornaro, senza mai ottenere un riconoscimento formale circa la gestione degli spazi, pur avendola a più riprese richiesta. É' fondamentale fare presente che mai è stata dichiarata un'occupazione abusiva degli edifici dell'ex Macello di Via Cornaro da parte della CLAC.
In data 15/10/19, il settore Patrimonio Partecipazioni e Avvocatura comunica al Sindaco la sussistenza dei presupposti per procedere all'emanazione di un'ordinanza di sgombero dei locali per la tutela dell'incolumità pubblica (prot. 409868).
In data 10/01/20 - sempre tenendoci all'oscuro - viene notificata alla Prefettura l'ordinanza di sgombero della struttura, di cui sopra. Nonostante nel frattempo il dialogo con l'istituzione continui, è fondamentale sottolineare che mai viene notificata alla parte in causa l'intenzione, poi attuata, di estrometterla dallo stabile, creando di fatto una situazione surreale nella quale si progettava un futuro già condannato in partenza a non avere mai luogo.
Il presunto carattere d'urgenza del procedimento non vincola alla notifica dello stesso, tuttavia la scelta di non avvisarci di quanto stava accadendo e il fatto che la dichiarazione di inagibilità è stata depositata in settembre la dicono lunga rispetto alla trasparenza e all'onestà con cui le trattative sono state portate avanti.
Arriviamo alla mattina del 15 gennaio, quando dalle ore 7:00 inizia l'operazione di «messa in sicurezza» dello stabile: per portarla a termine si è ritenuto necessario bloccare una via chiave per il traffico cittadino, convocare due reparti della celere in tenuta antisommossa, innumerevoli veicoli di vari corpi delle forze dell'ordine, alte cariche della Digos e, non da ultimo, la polizia veterinaria a tutela della colonia felina, riconosciuta dal comune, ospitata all'ex Macello!
Considerando che il dialogo tra le parti nasceva dalla condivisione della problematica e la richiesta, da parte della CLAC, di trovare soluzioni concertate per la messa in sicurezza dell'area, mai ci saremmo aspettati un'azione così estrema.
Essendo certi che le modalità scelte dall'amministrazione non fossero l'unica via percorribile, siamo convinti che l'azione mirasse ad altri fini. Consideriamo quindi questa azione molto grave nonché mirata a lanciare discredito sulle attività e le associazioni stesse della CLAC.
Davanti al blocco della celere, con molti soci CLAC e altre persone che sono venute ad esprimerci la loro vicinanza e solidarietà - che teniamo molto anche in questa sede a ringraziare - ci viene inizialmente comunicato che lo sgombero consiste solo nella rimozione di materiale dalla cucina, ma dopo poco ci rendiamo conto che le porte d'accesso alla palazzina vengono murate, ATTO NON PREVISTO DALL'ORDINANZA. Inoltre, lo apprendiamo solo in seguito, due porte di ingresso alla medesima palazzina, della quale la CLAC non possiede le chiavi, NON vengono murate.
Compresa la gravità della situazione e esigendo maggiori chiarimenti, ci dirigiamo in corteo verso Palazzo Moroni, sede del Comune, dove attuiamo un presidio informativo, ottenendo che una delegazione della CLAC venga ricevuta dall'assessore al Patrimonio Andrea Micalizzi.
Il presidio vede una grande partecipazione, coinvolgendo più di un centinaio di persone tra curiosi e singoli cittadini, membri di gruppi e associazioni che insieme a noi intessono le reti della solidarietà a Padova.
Si presentano i rappresentanti delle associazioni CLAC, che esprimono rabbia e indignazione rispetto al procedimento in atto, seguiti da interventi di partecipanti all'iniziativa.
Durante la manifestazione chiedono di prendere parola il vice sindaco Arturo Lorenzoni e l'assessora Marta Nalin, alla presenza dell'assessora Chiara Gallani, dichiarando che Coalizione Civica non era stata messa al corrente dell'ordinanza e aveva appreso la nodizia dello sgombero soltanto la mattina stessa. Inoltre, gli stessi prendono le distanze dalla "forzatura" verificatasi durante la mattinata ribadendo, tuttavia, a loro dire, la pericolosità dello stabile e la necessità di trovare soluzioni alternative quale la ricollocazione delle singole associazioni in altre sedi. Vengono dunque ignorate l'esigenza, da sempre espressa dalla CLAC, di rimanere unita e la relazione storica tra la Comunitè e il Luogo Antropologico che l'ex Macello di Via Cornaro costituisce da decenni e che la Comunità abita e cura dal 1975. Il vice sindaco e le assessore tengono ad assicurare la volontà di continuare il dialogo interrotto ma alle parole dovranno seguano i fatti!
Il presidio si chiude con il resoconto del Segretario Generale della CLAC Salvatore Gentile sull'incontro avvenuto all'interno degli uffici comunali: si riporta la promessa di un confronto a “stretto giro” con il Sindaco per definire il reinserimento delle associazioni nella palazzina.
Nell'attesa di un incontro faccia a faccia e con l'aspettativa che si instauri un vero dialogo costruttivo:
CHIEDIAMO le scuse formali del Sindaco per la gravità del gesto di forzatura e per la denigrazione che, anche a livello mediatico, ha seguito l'atto, dipingendo le associazioni della CLAC come occupanti abusive «di area antagonista», definizione che respingiamo nel modo più categorico
RIBADIAMO la nostra ferma volontà di riottenere in breve tempo l'accesso all'edificio che ieri 15/01/20 è stato sgomberato, in modo da poter essere parte attiva nel processo di ristrutturazione dello stesso e di rigenerazione di tutta l'area dell'ex Macello
CHIEDIAMO la formalizzazione del rapporto con il Comune e un confronto tecnico rispetto alla progettualità sugli spazi dell'ex Macello di Via Cornaro
SIAMO CONVINTI che una collaborazione tra le Associazioni della Comunità per le Libere Attività Culturali e il Comune di Padova possa risultare vantaggiosa per entrambe le parti: proponiamo modalità progettuali e di intervento già sperimentate da altre amministrazioni sul territorio italiano e europeo, convinti come siamo che le forme di partecipazione dal basso che incontrano l'impegno dell'amministrazione possano apportare benefici ed aprire la via per un proficuo dialogo tra cittadini e istituzioni.
LA CLAC NON SI FERMA!
Le nostre attività continueranno fuori e dentro l'ex Macello di Via Cornaro!